FAQ
a cura di:
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Avv. Maria Cristina Fonti - cristina.fonti@juridicum.net
(Smart Working/Covid-19 & Fase 2)
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Dott. Antonello Valentini - a.valentini@teamufficio.it
(Scuole)
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Dott. Cesare Montanucci - cesare@montanucci.it
(Scuole)
Si chiamerà Immuni l’applicazione italiana per il tracciamento del contagio del coronavirus durante la Fase 2.
L’utilizzo dovrà essere su base volontaria e mediante tecnologia Bluetooth, in conformità con le indicazioni fornite al riguardo sia dal Garante della Privacy italiano sia dall’EDPB (European Data Protection Board).
Le metodologie di funzionamento sono ancora da confermare in modo definitivo ma il meccanismo che da ultimo si tende ad implementare è quello più garantista del c.d. modello “decentralizzato”.
I cittadini potranno scaricare l’”app” sul proprio telefono cellulare. Una volta scaricata, l’”app” crea un registro dei contatti nel quale sono contenute tre informazioni:
1 - quali sono i dispositivi con i quali si è entrati in contatto (via bluetooth)
2 - a che distanza
3 - per quanto tempo è durato il contatto
Le informazioni verranno conservate sul dispositivo.
Si creerà un ID anonimo che i cellulari si scambieranno ogni volta che entreranno in contatto (via buetooth).
L’utilizzatore risultato positivo al test Covid-19 potrà dare il consenso al trattamento dei dati conservati sul proprio dispositivo in modo da ricostruire la cronologia degli eventuali contatti.
L’operatore sanitario permette al paziente di caricare su un server questi identificativi anonimi con cui il suo smartphone è entrato in contatto.
Il server manda a tutti i dispositivi cellulari dotati di app la lista dei codici.
Se l’app riconosce il proprio in quella lista invierà una notifica di alert per avvertire dell’esistenza di pericolo di contagio invitando a seguire i protocolli (che verranno indicati nel messaggio) anche prima che si sviluppino eventuali sintomi.
In attesa del vaccino e di ulteriori risultati scientifici, certamente ricorrere all’utilizzo della tecnologia è opportuno.
L’applicazione dovrebbe riuscire a tracciare la rete di contatti.
La tecnologia consente però solamente di anticipare l’isolamento di soggetti potenzialmente portatori del virus.
L’efficacia della tecnologia non potrà prescindere dall’utilizzo degli strumenti diagnostici in grado di accertare la presenza del virus e/o dell’immunità e da adeguate cautele di distanziamento sociale.
Eventuali obblighi in tale senso dovranno essere normativamente regolamentati.
Inoltre, sempre ai fini di ottenere un risultato efficace, sembra appaia necessario che l’applicazione Immuni sia utilizzata da almeno il 60% della popolazione.
No, il Garante Privacy italiano ha espressamente escluso l‘utilizzo di tecnologie di contact tracing basate su alcuni modelli orientali che sembrano prevedere, l’adesione obbligatoria e non volontaria e/o il tracciamento dei contagiati per la verifica dell’obbligo di rispettare la quarantena o, ancora, connesso alla possibilità di ricevere servizi.
Il Garante ha, al riguardo, espressamente evidenziato come il consenso al trattamento dei dati, “se prefigurato come presupposto necessario, ad esempio per usufruire di determinati servizi o beni (si pensi al sistema cinese)”, non potrebbe ritenersi effettivamente valido “perché indebitamente e inevitabilmente condizionato” .
Sì, ma i risultati degli esami debbono essere anonimi e non devono essere conservati.
Fino a quando permarrà il rischio di epidemia ciascuno stato, attraverso idonee disposizioni
legislative, potrà continuare, anche nella c.d. Fase 2, a mantenere in essere misure di
contenimento.
Tali misure dovranno essere congrue e proporzionate, nonché confortate dalle indicazioni che sicuramente saranno espresse dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Autorità Garanti della Privacy dei singoli stati.
E’ auspicabile che vi sia una uniformità di provvedimenti a livello europeo (e mondiale), così da garantire effettivamente e contemporaneamente lo stesso livello di protezione.
Sì, il datore di lavoro può richiedere le analisi o anche altro tipo di misura collegata al
mantenimento della sicurezza sul luogo di lavoro (es: tracciamento contatti).
A meno che non vi siano provvedimenti statali in proposito, i dipendenti potranno aderire alla richiesta su base volontaria e sempre previa informativa sulle finalità e modalità di trattamento dei dati.
L’Italia, le cui Autorità attualmente svolgono indagini sulla base delle indicazioni fornite dai contagiati si sta indirizzando verso la possibilità di tracciare, su base volontaria, i contatti del soggetto poi risultato positivo con acquisizione, a ritroso, di nformazioni sull’interazione con altri soggetti tramite varie tecniche: celle telefoniche, gps, bluetooth (contact tracing).
Il Garante privacy italiano ha evidenziato che sarebbero apprezzabili quelle tecnologie che mantengono il diario dei contatti esclusivamente nella disponibilità dell’utente, sul suo dispositivo, per il solo periodo massimo di potenziale incubazione.
Qualora l’utente risultasse positivo dovrebbe fornire l’identificativo del proprio dispositivo al server centrale per consentirgli così di ricostruire, tramite un calcolo algoritmico, i contatti tenuti con altre persone le quali si siano, parimenti, avvalse della tecnologia di contact tracing.
Queste ultime riceverebbero poi un alert di potenziale contagio, con l’invito a sottoporsi ad accertamenti.
Il Garante Privacy italiano ha raccomandato che le informazioni vengano gestite a livello pubblico e non privato.
Diversi tipi di verifica volti ad imporre il tracciamento anche per accertare, ad esempio, l’obbligo di permanenza domiciliare in caso di positività appaiono, per ora, esclusi.
Le disposizioni in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da
COVID-19 stabiliscono il divieto assoluto di mobilità delle persone sottoposte alla misura
della quarantena o che sono risultate positive al virus.
A beneficio del superiore interesse alla salute della collettività (art. 32 della Costituzione) le autorità statali possono limitare i diritti costituzionalmente garantiti quali anche la libertà di circolazione, espatrio, culto, riunione, istruzione e libera iniziativa economica.
La violazione della c.d. “quarantena obbligatoria” è sanzionata a livello penale.
Sì. L’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), allo scopo di garantire il contenimento
dell'emergenza epidemiologica, ha autorizzato le forze dell’ordine a utilizzare droni per il
monitoraggio degli spostamenti dei cittadini sul territorio comunale.
Tale autorizzazione, inizialmente concessa sino al 3 aprile 2020, è stata prorogata dall'ENAC al 28 aprile 2020.
E' prevedibile che possa essere ancora rinnovata per le stesse finalità.
Tenuto conto della limitazione della privacy che questo utilizzo comporta, occorrerà rendere una chiara informazione ai cittadini sulla decisione di monitorare alcune aree interessate tramite droni, senza interventi “a sorpresa".
Tale informazione dovrà altresì dettagliare modalità e finalità del trattamento, data retention e
sistemi di tutela degli interessati.
Ai datori di lavoro è richiesto di assumere misure rivolte a rendere quanto più sicuri possibili i luoghi di lavoro.
Le indicazioni contenute nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” devono essere seguite ed attuate all’interno di ogni realtà professionale e produttiva.
Nel protocollo sono previste procedure di sicurezza anti-contagio di natura informativa, di controllo degli accessi, di sanificazione dei luoghi di lavoro, di tutela dei dipendenti, incluso il monitoraggio delle loro condizioni di salute e la riorganizzazione delle attività lavorative anche attraverso il ricorso allo smart working.
È bene predisporre e seguire un protocollo aziendale che declini nel concreto dell’attività imprenditoriale le misure di sicurezza adottate, nonché affiggere, nei locali di lavoro, schede informative sulle misure adottate e sulle regole da seguire.
Sì: l’adozione delle misure di sicurezza comporta un trattamento dei dati personali (ad esempio la rilevazione della temperatura, le informazioni utili ai fini di ricostruire gli spostamenti prima della ripresa dell’attività lavorativa).
Occorrerà, pertanto, rilasciare ai dipendenti complete e trasparenti informative privacy e predisporre idonee misure di sicurezza ai fini del rispetto della normativa.
Anche durante la Fase 2 è consigliato fare ricorso a un’organizzazione più agile possibile, ricorrendo allo smart working, o, comunque, al lavoro a distanza e incentivando l’utilizzo di ferie e permessi retribuiti.
Nel rispetto degli istituti contrattuali, si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali disponibili.
La quarantena va considerata malattia anche senza necessità di certificato medico.
Al fine di adeguarsi alle misure di sicurezza, è opportuno procedere ad una riorganizzazione interna rivolta ad evitare forme di raggruppamento, mantenere il distanziamento e utilizzare dispositivi di protezione individuale certificati (mascherine).
Nella gestione dell’entrata e dell’uscita dei lavoratori devono essere favoriti orari scaglionati e, laddove possibile, prevedere una porta di entrata ed una di uscita dedicate.
E’ bene procedere a rimodulazioni delle postazioni di lavoro, utilizzando anche spazi più grandi (ad esempio sale riunioni) e organizzare la presenza sui luoghi di lavoro attraverso turnazioni.
Sono sospese riunioni e corsi di formazione così come ogni evento che possa dare luogo ad un’aggregazione all’interno dei luoghi di lavoro.
Devono essere ridotti al minimo gli spostamenti all’interno del luogo di lavoro.
L’accesso alle zone comuni (come sale fumatori, spogliatoi, mense) deve essere contingentato e il tempo di permanenza negli stessi deve essere ridotto.
Occorre procedere a una valutazione integrata del rischio di possibile contagio da Covid-19 (in occasione di lavoro, di prossimità connessa ai processi lavorativi, nonchè dell’impatto connesso al rischio di aggregazione sociale anche verso “terzi”) e, quindi, aggiornare il documento di valutazione dei rischi aziendale.
Il rischio di contagio da Covid-19 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili:
- Esposizione: la probabilità̀ di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività̀ lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.);
- Prossimità̀: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità̀;
- Aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.).
Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità ma, allo stesso tempo, modularità in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate.
Il “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” predisposto dall’INAIL indica le modalità di valutazione del rischio illustrando in tabelle esemplificative le classi di rischio per alcuni dei principali settori lavorativi (attraverso i codici Ateco).
Il datore di lavoro deve osservare le norme di prevenzione e distanziamento.
Pertanto, per gli ambienti dove operano più̀ lavoratori contemporaneamente, potranno essere trovate soluzioni innovative come ad esempio il riposizionamento delle postazioni di lavoro adeguatamente distanziate tra loro e l’introduzione di barriere separatorie (pannelli in plexiglass, mobilio, ecc.).
Il “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”, predisposto dall’INAIL, sottolinea che occorre mappare tutte le attività̀, “prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n. 9 (art. 34) in combinato con il DL n. 18 (art 16 c. 1).
La valutazione dei rischi nelle singole realtà aziendali è lo strumento adeguato per la determinazione di specifici anche in relazione al complesso dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori”.
In ogni caso, anche questo aspetto va valutato e studiato in sede di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi aziendale.
In caso di contagio di un dipendente da Covid-19, il datore di lavoro può incorrere nella responsabilità penale per i reati di lesione personale gravi/gravissime (art. 590 c.p.) o di omicidio colposo (art. 589 c.p.) se il contagio è dipeso dalla mancata valutazione del rischio da infezione da Covid-19 ovvero dalla mancata predisposizione ed attuazione di procedure volte a prevenire il rischio di contagio.
In questi casi, oltre al datore di lavoro e agli altri soggetti eventualmente responsabili, anche l’azienda potrebbe sanzionata ai sensi del D.lgs. n. 231/2001.
Sui lavoratori incombe il dovere di cooperare per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro. I lavoratori dovranno dunque segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
È imprescindibile mettere in atto un’incisiva ed efficace attività di informazione e formazione, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi nonché dare chiare indicazioni che evitino la circolazione di fake news e di comportamenti ostili (tipici della c.d. “caccia all’untore”).
Pertanto, le principali fonti istituzionali di riferimento sono:
- Istituto Superiore di Sanità (ISS)
- Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)
- Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
- Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC)
L’INAIL (“Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”) sottolinea la necessità di considerare che la percezione di questo rischio, anche per il grande impatto e la sua straordinarietà̀ ed eccezionalità̀, crea nei lavoratori una sensazione di insicurezza che può̀ anche agire sugli altri rischi.
Quindi la corretta gestione del rischio, nonché́ la corretta comunicazione del rischio, unitamente a tutte le altre soluzioni adottate, possono creare un senso di consapevolezza e di adeguatezza delle misure poste in essere.
Nelle aree maggiormente colpite dal virus, l’autorità sanitaria competente può chiedere di eseguire accertamenti diagnostici preventivi (quali il tampone) per consentire il rientro sui luoghi di lavoro solo a chi è effettivamente guarito.
L’ingresso in azienda di chi ha in precedenza contratto il virus, secondo le indicazioni del Protocollo di sicurezza nazionale rinnovato tra le parti sociali, dovrà essere preceduto da una comunicazione con oggetto la certificazione medica da cui risulti “l’avvenuta negativizzazione”.
No: la sorveglianza sanitaria periodica deve proseguire perché rappresenta un’ulteriore misura di prevenzione di carattere generale: sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio.
Per il reintegro progressivo di lavoratori dopo l’infezione da Covid-19, il medico competente, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone secondo le modalità̀ previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, effettua la “visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità̀ alla mansione” (D. Lgs 81/08 e s.m.i, art. 41 c. 2 lett. e-ter), anche per valutare profili specifici di rischiosità̀ e comunque indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia, in deroga alla norma.
Ai fornitori e ai visitatori possono essere richieste le medesime informazioni e applicate le medesime misure derivanti dai protocolli di sicurezza anti-contagio predisposti in azienda per i lavoratori dipendenti.
Naturalmente, per le informazioni rilasciate che comportino il trattamento dei dati occorre prestare attenzione alla relativa normativa.
L’accesso di fornitori esterni potrà avvenire secondo modalità, percorsi e tempistiche previamente definite dall’azienda; per le attività di carico/scarico si dovrà rispettare il distanziamento.
In caso di contagio di dipendenti di aziende terze (ad es. addetti alle pulizie, manutentori, vigilanti) che operano nello stesso sito, l’appaltatore dovrà immediatamente informare il committente e entrambi dovranno collaborare con l’autorità sanitaria per consentire l’individuazione della filiera del contatto.
Tali misure sono necessarie anche al fine di garantire un corretto adeguamento alla normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Sì: è necessario estendere le procedure previste in base al protocollo aziendale alle aziende in appalto che possono organizzare sedi e cantieri permanenti e provvisori all’interno dei siti e delle aree produttive.
L’impresa committente è inoltre tenuta a dare all’appaltatrice completa informativa dei contenuti del protocollo aziendale ed è tenuta a vigilarne il rispetto delle disposizioni.
In questi casi è obbligatorio precludere l’accesso al dipendente ai luoghi aziendali.
Questa possibilità deve essere oggetto dell’informativa che il datore di lavoro deve mettere a disposizione nell’ambito delle misure di sicurezza generali.
Le persone in tale condizione saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherine, non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede (ove presenti), ma dovranno contattare nel più̀ breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni.
Il datore di lavoro deve assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni (anche degli strumenti messi a disposizione), delle aree comuni e di svago.
Il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei dipendenti idonei mezzi detergenti e chiederne l’utilizzo.
L’azienda può organizzare gli interventi periodici di sanificazione anche utilizzando gli ammortizzatori sociali.
Con riferimento alle procedure di sanificazione e di igiene, il datore di lavoro deve seguire le regole del Ministero della Salute e delle autorità sanitarie.
Considerati i doveri di igiene in capo anche ai dipendenti, è opportuno integrare il codice di condotta aziendale con la previsione delle misure di igiene personali prevedendo e graduando altresì la possibilità di sanzioni disciplinari per il mancato rispetto delle medesime.
Al fine di sensibilizzare i dipendenti sulle misure da seguire, è necessario affiggere, in più̀ punti dell’azienda, schede che pubblicizzano le misure adottate e da seguire.
Il nominativo del contagiato o presunto tale non può essere comunicato agli altri dipendenti ai quali potrà farsi una comunicazione dove si indicherà che i dati del soggetto contagiato sono stati comunicati al servizio sanitario al fine di seguire il necessario protocollo e che i dipendenti dovranno attenersi alle indicazioni che verranno impartite dall’azienda – anche attraverso il competente servizio sanitario e di protezione civile – sia ai fini di individuare la “filiera” di contatti, sia ai fini di tutela sanitaria.
Il Garante della Privacy ha emesso specifici provvedimenti al riguardo.
Le ferie vanno sempre concordate con il personale dipendente.
Tuttavia, consultando sempre previamente le indicazioni del CCNL applicato in azienda e il contratto di lavoro individuale, si ricorda che le ferie devono rispondere anche ad una esigenza del datore di lavoro e che in questo momento, la fruizione è sollecitata dai provvedimenti adottati per contrastare l’emergenza.
No, non vi è un obbligo, ma i provvedimenti adottati per contrastare l’emergenza raccomandano che sia attuato il massimo utilizzo del lavoro agile e del lavoro a distanza, nei limiti, ovviamente, della tipologia di lavoro richiesto al dipendente e compatibilmente con le tecnologie adottate da ciascuna impresa. In questo periodo non sarà necessario l’accordo individuale.
I lavoratori dipendenti con disabilità ai sensi dell’art. 3 della L. 104/92 – ovvero che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità ai sensi della stessa legge 104/92- hanno diritto di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che essa sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.
Sì: il datore di lavoro può richiedere le analisi o anche altro tipo di misura collegata al mantenimento della sicurezza sul luogo di lavoro (es: tracciamento contatti).
A meno che non vi siano provvedimenti statali in proposito, i dipendenti potranno aderire alla richiesta su base volontaria e sempre previa informativa sulle finalità e modalità di trattamento dei dati.
Come indicato nella normativa dovrà attivare le seguenti misure:
1 - Mantenimento in tutte le attività del distanziamento interpersonale
2 - Garanzia di pulizia e igiene ambientale con frequenza almeno due volte giorno ed in funzione dell’orario di apertura
3 - Garanzia di adeguata aereazione naturale e ricambio d’aria
4 - Ampia disponibilità e accessibilità a sistemi per la disinfezione delle mani. In particolare, detti sistemi devono essere disponibili accanto a tastiere, schermi touch e sistemi di pagamento
5 - Utilizzo di mascherine nei luoghi o ambienti chiusi e, comunque, in tutte le possibili fasi lavorative laddove non sia possibile garantire il distanziamento interpersonale
6 - Uso dei guanti “usa e getta” nelle attività di acquisto, particolarmente per l’acquisto di alimenti e bevande
7 - Accessi regolamentati e scaglionati secondo le seguenti modalità:
- attraverso ampliamento delle fasce orarie;
- per locali fino a quaranta metri quadrati accesso solo di una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori;
- per locali di dimensioni superiori a quelle di cui alla lettera b), accesso regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita
8 - Adeguata informazione per garantire il distanziamento dei clienti in attesa di entrata.